Foza è tra i Comuni più antichi dell’Altopiano, dovuto alla vicinanza con il fiume Brenta, porto fluviale per il commercio del legname con le città venete e Venezia.
La prima notizia su Foza appare nel documento di una donazione del 1085 “montem unum integrum qui vocatur Fugia” (toponimo di origine latina, da avvicinare a fodia, fovea cioè “buca”, nella lingua cimbra Vüsche)
Nel 1250 Foza con l’intero Altopiano si assoggetta a Vicenza, divenuto Comune per sfuggire al potere degli Ezzelini.
E’ proprio in questo periodo che i Comuni della montagna avvertono l’esigenza di unirsi fra loro e nello stesso anno i documenti riportano la dicitura “Altopiano dei Sette Comuni”.
Nel 1310 nasce così la “Reggenza dei Sette Comuni”. Lo statuto viene proclamato il 29 giugno “Il bene del popolo è il bene del governo, ed il bene del governo è il bene del popolo”.
La Reggenza si pone sotto la tutela degli scaligeri di Verona dal 1311 al 1387, dei Visconti dal 1388 al 1404 e della Repubblica Serenissima dal 1404 al trattato di Campoformio dal 1797 che cede all’Austria i territori della Repubblica Veneta. In cambio della tutela i Comuni forniscono legname alla Serenissima.
Una data assai importante per Foza è il 27 agosto 1478, quando il Priore del monastero di Santa Croce di Campese, Ambrogio di Milano, dona a Foza tutti i possedimenti acquistati da Ezzelino il Monaco nel lontano 1202 indicandone anche i confini.
In questo periodo l’economia di Foza e degli altri paesi dell’Altopiano non è fiorente, tanto che la Repubblica Veneta esonera i Sette Comuni dalla tassa del sale, della lana e dalle tariffe fluviali del Brenta, la loro attività prevalente continua ad essere quella della pastorizia, ma tagliano boschi e fanno il carbone. La reggenza dei Sette Comuni cessa di esistere definitivamente del 1806. Nel 1815 con il Regno Lombardo -Veneto, l’Altopiano passa direttamente sotto l’Austria. Nel 1866, quando il Veneto viene annesso al Regno d’Italia, Foza che si trova al confine con l’Impero Asburgico favorisce il contrabbando di alcuni prodotti (zucchero, acquavite).
Negli ultimi decenni dell’Ottocento l’equilibrio economico e sociale dell’intero altopiano diventa sempre più difficile e precario. L’unico sbocco è l’emigrazione. La situazione economica migliora leggermente nel primo Novecento grazie al nuovo sviluppo offerto dai lavori pubblici con la costruzione delle strade. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale Foza e l’Altopiano sono in pericolo, gli abitanti sono costretti ad andare profughi e Foza diventa teatro di guerra dall’inizio alla fine e viene bombardata e distrutta. A guerra finita i profughi ritornano a Foza ridotta ad un ammasso di rovine. Loro però non si fermano: vengono ricostruite case, stalle e casare; tornano le pecore, capre e mucche, i campi vengono dissodati, i boschi ripuliti. Il secondo conflitto mondiale porta dietro di sé, anche a Foza, lutti, fame, miseria e rappresaglie fra fascisti e partigiani. Dopo la guerra l’attività agricola e boschiva resta l’unica risorsa economica. Si avvia anche una discreta forma di turismo e dopo gli anni Cinquanta. Molti emigrano varcando il confine soprattutto verso la Svizzera, altri verso le grandi città dell’Italia settentrionale e della pianura vicentina, fino al 1970, quando il fenomeno emigrazione subisce un rallentamento. Le attività commerciali, agricole e turistiche riprendono per tornare a rallentare nettamente alla fine degli anni novanta.
Il paese si trova a un’altitudine di 1.083 m s.l.m., è il secondo capoluogo comunale più alto della provincia dopo il vicino paese di Gallio (1.093 m s.l.m.).
Tra i territori comunali di Foza e di Enego, in Valgàdena, si trova l’omonimo ponte, ed è uno dei viadotti più alti d’Italia.
Da visitare anche la chiesetta di San Francesco: ricostruita nel 1926 sull’omonimo colle, dove un tempo stava una antica Croce, la sua originaria posizione era proprio al limitare dello stesso in un piccolo spiazzo prospiciente la Valsugana, nel luogo dove fin dal 1641 si trovava l’unico eremo dell’Altopiano, abitato dai terziari del Terzo Ordine Francescano. Durante la Prima Guerra Mondiale questo fu il limite fino al quale arrivò l’avanzata dell’esercito austriaco: poco prima e dopo la chiesetta sono ancora ben visibili lungo la strada le antiche trincee.